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Esemplare adulto di orso bruno marsicano – Foto di Alessandro Franza
Nonostante gli individui di orso bruno marsicano siano poche decine, le situazioni di conflitto con l’uomo sono spesso all’ordine del giorno nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e nelle aree limitrofe. Pur non rappresentando un pericolo per le persone, gli orsi confidenti come Amarena, che non hanno cioè timore degli umani, possono generare tensioni sociali in assenza di un’adeguata informazione. La conoscenza e una corretta comunicazione dei fatti scientifici sono cruciali per una proficua convivenza con gli umani degli ultimi individui di questo carismatico animale.
La convivenza tra orso e uomo nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e nelle zone limitrofe sussiste da diversi millenni. Questa interazione ha visto nel corso del tempo, l’alternarsi di momenti di coesistenza che, tra alti e bassi, hanno portato il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise a rimanere l’ultima roccaforte dell’orso marsicano (Ursus arctos marsicanus), una sottospecie dell’orso bruno endemica dell’Italia centro-meridionale. La maggior parte degli abitanti dei comuni compresi nel Parco e aree adiacenti hanno manifestato un atteggiamento molto positivo nei confronti dell’orso e abbracciato la sua protezione, soprattutto negli ultimi anni. Questo non solo perché è stato riconosciuto il valore ecologico e simbolico della conservazione di questo animale, ma anche perché ne è stato riconosciuto il valore per l’economia locale in termini di ecoturismo. Una buona notizia per questo animale, di cui rimangono poco più di 50 individui, peraltro quasi tutti concentrati nel Parco. Recenti studi genetici hanno rivelato che circa 3000 – 4000 anni fa una grande popolazione europea di orsi bruni fu frammentata in una serie di piccole popolazioni isolate tra loro a causa, probabilmente, della deforestazione operata dalla diffusione dell’agricoltura nel continente durante il Neolitico.
Una delle caratteristiche dell’orso marsicano è una minore aggressività rispetto agli altri orsi europei. Infatti, al giorno d’oggi non si conoscono casi di attacco diretto alle persone da parte degli orsi marsicani. Questo però non ha fermato le uccisioni di questi animali, avvenute principalmente per arma da fuoco fino agli anni ‘80 e per avvelenamento o collisione con veicoli in tempi più recenti. Ad oggi, l’interazione con l’uomo rimane una delle cause principali di morte dell’orso marsicano. Infatti ogni anno in media due orsi bruni marsicani muoiono per cause umane, accidentali o intenzionali, livelli incompatibili con la sopravvivenza di una popolazione così esigua.
Le situazioni conflittuali tra orso e attività legate all’uomo diventano ancora più complesse nel caso dei cosiddetti orsi confidenti, ovvero animali che mostrano scarso timore nei confronti dell’uomo e tendono a frequentare aree abitate, attratti da facili pasti forniti da allevamenti e scarti alimentari. Va chiarito che l’orso marsicano non mostra problemi di scarsa reperibilità di cibo in natura, come prova l’assenza di individui malnutriti. Pur non essendo pericolosi per le persone, gli orsi confidenti in ambiente antropico possono causare importanti tensioni a livello sociale, per esempio razziando i pollai o mangiando nei frutteti. Questo, nonostante Parco, Regioni e varie associazioni ambientaliste siano da sempre impegnate a prevenire ed indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica (tramite messa in sicurezza di orti, pollai, alveari e cassonetti della spazzatura).
Il tema della coesistenza ci porta al punto principale di questo comunicato, ossia la morte dell’orsa Amarena causata da arma da fuoco a San Benedetto dei Marsi, un comune appena fuori dal Parco. Le precise dinamiche della vicenda saranno accertate dalle forze dell’ordine e per questo motivo qui non tratteremo questo argomento. E’ bene dire fin da subito che tutte le morti di individui di orso marsicano sono deleterie in popolazioni così ridotte, ma è ancora più grave nel caso di Amarena, essendo una femmina in età riproduttiva e relativamente giovane, categoria di altissimo valore per la conservazione di questa popolazione. Dal nostro punto di vista sono tre i punti su cui sarebbe opportuno concentrarsi e incrementare gli sforzi per evitare il ripetersi di altri casi simili a quello di Amarena: 1) continuare a investire su un’imponente campagna di sensibilizzazione e di educazione ambientale; 2) alzare il livello scientifico della comunicazione; e 3) mettere in pratica quanto già proposto nel “Piano d’Azione nazionale per la tutela dell’Orso marsicano”.
Per quanto riguarda il primo punto, è bene chiarire immediatamente che sia il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, sia le numerose associazioni ed istituzioni che lavorano in collaborazione con l’ente Parco, hanno già realizzato e continuano a portare avanti numerosi progetti di sensibilizzazione ed educazione ambientale che coinvolgono abitanti e turisti. Purtroppo però, i risultati di questo tipo di attività, che ambiscono a modificare comportamenti potenzialmente a rischio e paradigmi culturali, non sono facilmente visibili in tempi brevi. A proposito di tempo, è bene sottolineare che purtroppo ne è rimasto veramente poco e se vogliamo evitare che questa sottospecie endemica di orso si estingua dobbiamo assolutamente incrementare gli sforzi nel cercare di educare e sensibilizzare vecchie e nuove generazioni nel miglior modo possibile in modo da alzare l’asticella di eco-alfabetizzazione nel nostro paese. Per fare ciò, è fondamentale avvalersi di persone competenti nell’ambito dell’educazione ambientale che siano in grado di rendere comprensibili a tutti concetti scientifici elaborati, tenendo naturalmente d’occhio anche il contesto sociologico in cui ci si muove.
Per quanto riguarda il secondo punto, articoli di giornale basati per lo più su informazioni parziali o errate, facendo presa sull’immaginario collettivo, hanno contribuito alla percezione negativa della presenza e del comportamento degli orsi nel territorio del Parco, in particolare degli individui confidenti. Basti pensare ai vari titoli sensazionalistici scaturiti dalle scorribande di Amarena o Juan Carrito (suo figlio, morto in seguito ad un investimento a Gennaio), dove comportamenti insoliti, come le incursioni nei centri abitati, sono stati erroneamente umanizzati distorcendo la percezione della realtà dei lettori o dei telespettatori e inducendoli a vedere del “tenero” in atteggiamenti che, invece, possono mettere a rischio gli orsi stessi. Spesso chi scrive articoli a tema ambientale non possiede le adeguate competenze scientifiche ed ignora informazioni basilari sulla biologia e l’etologia delle specie. Articoli su questioni così delicate andrebbero scritti affiancandosi a esperti dell’argomento e della specie in esame. Quindi il nostro invito, a chi si occupa di comunicazione, è quello di approfondire sempre la questione in oggetto e di ricordarsi che professionisti e società scientifiche sono sempre a disposizione per aiutare a divulgare informazioni scientificamente corrette.
Infine, il Piano d’Azione nazionale per la tutela dell’Orso marsicano, approvato nel lontano 2011, elenca le azioni prioritarie necessarie per garantire il miglioramento dello stato di conservazione di questa popolazione. Questo documento è stato ulteriormente sviluppato nel corso degli anni, anche tramite la produzione di alcuni protocolli operativi, tra cui, quello sulla prevenzione e gestione del fenomeno degli orsi confidenti e problematici. Tuttavia, come spesso accade, questi protocolli vengono attuati solo in emergenza, mentre potrebbero fornire migliori risultati se applicati in prevenzione. Inoltre, non basta solo mettere in pratica un protocollo, servono soprattutto sforzi comuni e coordinati verso obiettivi congiunti come, in questo caso, evitare che l’orso marsicano si estingua. Come descritto anche nel Piano d’Azione nazionale per la tutela dell’orso marsicano, una delle prime cose da fare, sarebbe quindi lasciare e/o restituire all’orso marsicano lo spazio che merita, considerando che si tratta di un grande animale abituato a spostarsi giornalmente anche di diversi km. Non è pensabile limitare l’area di presenza dell’orso solo all’interno del Parco. Infatti, per sopravvivere, la popolazione di questo orso ha bisogno di espandere il proprio areale e questo si traduce in una gestione del territorio che tenga conto, a pari merito, tanto delle esigenze della fauna selvatica quanto di quelle delle popolazioni umane.
La gestione di sistemi complessi come gli ecosistemi naturali non è una questione semplice da affrontare. Orsi, lupi, camosci e caprioli non possono essere gestiti considerandoli alla stregua di animali domestici a cui spesso si è portati inconsciamente a pensare. La gestione di questa tipologia di fauna richiede uno sforzo, inteso sia in termini economici sia di comunicazione e conoscenze scientifica. Un fattore non meno importante è il coinvolgimento dei cittadini, senza il cui supporto sarà impossibile sventare l’estinzione dell’orso marsicano. Quindi per concludere ribadiamo che educazione e sensibilizzazione, una corretta comunicazione scientifica e una gestione del territorio che tenga conto delle esigenze di tutte le specie presenti su questo Pianeta, rappresentano i tre punti principali su cui agire e investire, chiaramente facendosi affiancare da figure professionali competenti, se vogliamo evitare l’estinzione dell’orso marsicano e con esso la perdita di una parte importante dell’identità di un territorio che insieme all’orso si è sviluppato nel corso dei millenni.
Per la stesura di questo comunicato SCB Italy si è avvalsa delle competenze, dell’esperienza e della professionalità del Professor Paolo Ciucci (Professore Associato presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell’Università di Roma “La Sapienza”), della Dottoressa Daniela D’Amico (Responsabile dell’Ufficio Comunicazione e Promozione del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise) e del Dottor Mario Cipollone (Team Leader di Rewilding Apennines e socio di Salviamo l’Orso).